Uniti nella Speranza

Coraggio, non abbiate paura (Mt 14,27)

Mons. Delpini: “Questo è il momento, andiamo”

Mons. Delpini: “Questo è il momento, andiamo”

Pubblichiamo l’omelia pronunciata da mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, nella celebrazione della solennità di San Giuseppe presso la Cappella dell’Istituto Figlie di San Giuseppe a Milano. 

  1. Alzati, e va’.

“Adesso dobbiamo andare. È ora di partire. Questo è il momento!”. L’angelo di Dio ispira Giuseppe e Giuseppe decide. “È ora. Andiamo!”.

La storia dei credenti è storia di partenze: per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.

Partire è una decisione prima che uno spostamento. Ci sono anche partenze che percorrono itinerari di fede, di pensiero, di conversione. Ma partire si deve: la parola di Dio è vocazione. La fede di Abramo è la decisione di intraprendere un viaggio. La fede di Giuseppe è decidere il ritorno nella terra dei padri. La fede talvolta è la decisione di un trasferimento da un paese all’altro, spesso è la decisione di una conversione che introduce in una nuova condizione spirituale.

Non c’è però vita di fede che non sia segnata da una decisione: è ora. Andiamo.

  1. Non posso, non ne ho voglia, non mi conviene.

Ci sono obiezioni, resistenze, scuse per lasciar cadere l’invito dell’angelo di Dio. Ma sono tentazioni.

Non dire: ormai sono vecchio. Abramo, chiamato da Dio obbedì partendo. Ogni stagione della vita riceve la visita degli angeli e ascolta la voce di Giuseppe che dice: adesso è ancora il momento, partiamo!

Non dire: non so dove andare. Anche Abramo partì senza sapere dove l’avrebbe condotto il Signore, anche Giuseppe partì dall’Egitto immaginando una terra per poi abitare un’altra terra. Adesso è il momento, la parola che chiama è lampada per questo passo di oggi, camminando si apre il cammino. Affidarsi è una buona ragione per vincere l’inerzia.

Non dire: Come posso lasciare le abitudini rassicuranti? Perché lasciarmi disturbare? La paura, la pigrizia, le cose e gli orari che sono là dove sono abituato a trovarli. Quelle abitudini che sono rassicuranti, quelle cose e comodità che sono diventate abituali diventano una zavorra, se trattengono dall’obbedienza alla vocazione. Invece che rendere serena la vita la spengono, invece di aprire all’oltre sono come la prigione, il nido degli uccelli che non vogliono imparare a volare.

  1. Fascino e promessa della decisione.

Adesso è il momento: andiamo! L’insondabile mistero della decisione è pieno di fascino e di promessa.

C’è il fascino della presenza di Dio che illumina con una evidenza persuasiva: sì, l’angelo di Dio mi ha parlato; sì, la parola di Dio si è rivolta proprio a me; sì, mi ha convinto, questo è il momento, questo è il passo.

Ciascuno lo sa: questo è il passo.

Mi chiama a uscire dalla tristezza, dal ripiegamento su di me, per aprirmi al servizio della carità, alla dedizione dell’amore. Questo è il momento. Andiamo!

Mi chiama a superare il risentimento, la rabbia, il desiderio di rivincita per chi mi ha offeso o deluso o ferito, adesso è il momento del perdono. Questo è il momento. Andiamo!

Mi chiama a uscire di casa, non è più il tempo di essere solo un figlio, una figlia, è tempo di diventare padre, madre. Questo è il momento. Andiamo!

Mi chiama a offrire la mia vita in dono, a servizio, non è più il tempo per logorarmi nelle incertezze, per restare nella condizione di essere servito, per invecchiare nei “se” e nei “ma”. Questo è il momento. Andiamo!

La promessa è persuasiva perché non assicura risultati, ma edifica una comunione e una vita nuova nella relazione con Dio. L’angelo del Signore non promette successo, sicurezza, condizioni di vita senza problemi. Promette invece di diventare amici di Dio.

  1. Il compito del padre.

Il padre è la figura che fa crescere il figlio perché lo invita a partire.

Il padre non è un rivale del figlio, è colui che al momento opportuno gli dice: è ora, va’.

Forse la madre ha la missione di far crescere un senso di appartenenza, la certezza di avere una casa in cui “sentirsi a casa” anche senza averla costruita, essendo stato accolto. Chiude la porta perché il cucciolo si senta al sicuro. Il padre invece ha la missione di dire: Questo è il momento. Va’. Apre la porta perché il giovane diventi adulto.

Si dice che nella nostra società il ruolo paterno sia in difficoltà. Forse uomini adulti vivono la loro vita con un tale cumulo di frustrazioni, di lamentele, di risentimento che confondono i giovani. Fanno nascere la domanda: ma vale la pena di diventare adulti? Vale la pena di metter mano all’impresa di metter su casa?

Ma non celebriamo la festa di san Giuseppe per accusare, far venire sensi di colpa, dichiarare fallimenti educativi. Celebriamo la festa di san Giuseppe per invocare che vengano ancora gli angeli a visitare uomini e donne di fede e che ciascuno, secondo la sua vocazione si alzi al mattino e dica con serietà e serenità: è ora! Andiamo!