Uniti nella Speranza

Coraggio, non abbiate paura (Mt 14,27)

Pasqua di Resurrezione

Mons. Fanelli: il volto pasquale della Chiesa

La Chiesa di ogni tempo, corroborata dall’espe­rienza del Risorto e dalla forza dello Spirito Santo, si sente costantemente chia­mata a portare a tutti e ovun­que l’annuncio pasquale che Cristo è risorto ed ha vinto la morte, nella consapevolezza che quest’annuncio, pur non facendo notizia sui social, ha fatto e continua a fare la sto­ria e a dare senso e significato alla vita!

Questo annuncio, come ci in­segna Papa Francesco, può es­sere efficacemente scandito in quattro sintetici messaggi che riescono a raggiungere il cuo­re umano: Dio è amore; Cristo ti salva; Egli vive; lo Spirito dà vita (cfr. Christus Vivit 89-101). Questi quattro temi enucleano l’unico grande annuncio pa­squale della Chiesa, il solo messaggio capace di dare spe­ranza e di trasformare la vita.

Uno dei frutti più esemplari ed eloquenti di questa trasforma­zione, generata dall’incontro con il Risorto, è Saulo di Tarso, che da zelante “persecutore” del Vangelo ne è diventato in­trepido “apostolo”.

La vita di san Paolo, dopo l’in­contro con il Signore Risorto sulla via di Damasco, è tutta animata da un grande spasi­mo d’amore per il Cristo e per il mondo. Paolo, infatti, consi­derava l’annuncio del Vange­lo “la” vera e grande priorità della sua vita, tanto da dire: “guai a me se non predicassi il Vangelo” (1 Cor 9,16). Con queste parole san Paolo non ci comunica soltanto un impulso missionario del suo cuore, ma soprattutto egli condivide con noi un’urgenza che ci deve ap­partenere sempre come bat­tezzati, quella di essere mar­chiati a fuoco dalla missione (cfr. Evangelii Gaudium, 273), ovvero dall’esigenza di porta­re Cristo al mondo. Il mondo (i giovani, gli adulti, i bambini, le famiglie, la società, ecc. …) ha infatti bisogno di (ri) gustare la gioia della salvezza ed attende questo annuncio da evangeliz­zatori, non stanchi e confusi, ma convinti e gioiosi, con una vita che non è in dissonanza con i valori del Vangelo (cfr. Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 80).

Il Vangelo, infatti, va comuni­cato certamente con le parole, ma soprattutto con la testimo­nianza della vita. Quando la Chiesa si mette sull’orizzonte della testimonianza, intesa come prima forma di evange­lizzazione, mostra sempre il suo vero volto, il volto pasqua­le, il volto luminoso e radioso che nasce dalla Pasqua di Cri­sto.

Oggi, in un tempo di secolariz­zazione e di scristianizzazione, la testimonianza di fede, che scaturisce dal Battesimo, deve distinguersi per uno stile in­cisivo e solidale ovvero kerig­matico ed empatico-inclusivo.

Il cristiano deve quindi sem­pre tendere a “dire”, a “rac­contare”, la sua fede essenzial­mente con la coerenza della vita. In questo modo la comu­nità cristiana, nel territorio in cui vive, potrà modulare in maniera credibile la sua opera evangelizzatrice attraverso la capacità di integrare, accom­pagnare e discernere, tre di­mensioni essenziali dell’azio­ne pastorale.

Per questa ragione non dob­biamo mai dimenticare quan­to Papa Francesco ci insegna circa la natura profonda della Chiesa. Il Papa continuamen­te ci ripete che la Chiesa “non è una roccaforte, ma una ten­da capace di allargare il suo spazio e di dare accesso a tut­ti. La Chiesa è ‘in uscita’ o non è Chiesa, o è in cammino al­largando sempre il suo spazio affinché tutti possano entrare, o non è Chiesa. «Una Chiesa con le porte aperte», sempre con le porte aperte” (cfr. Papa Francesco, Udienza generale, 23 ottobre 2019).

In queste parole è racchiuso un compito impegnativo e una sfida esaltante, ma vi è anche indicata un’opportunità bella, un vero kairos! Le risorse per vincere questa sfida sono il Vangelo, l’Eucaristia e la doci­lità allo Spirito Santo. Quanto più riusciamo ad essere docili allo Spirito e a porre il Vange­lo e l’Eucaristia al centro della nostra vita ecclesiale e spiri­tuale, tanto più ci ritroveremo capaci di disegnare percorsi pastorali “nuovi”, nel senso evangelico del termine, che ci vedranno non tanto impegna­ti a promuovere servizi, ma soprattutto intenti a tessere relazioni, a favorire l’incontro tra le persone e a rafforzare la comunione tra le diverse real­tà aggregative e territoriali.

Questo, però, richiede anche che dobbiamo ripartire, per­sonalmente e comunitaria­mente, con determinazione e fiducia, da tre punti fermi: privilegiare l’evangelizzazio­ne, ristabilire il primato della spiritualità (Eucaristia, Paro­la di Dio e esperienza dello Spirito) e partire dagli ultimi. Le mete pastorali generali di una Chiesa dal volto pasquale sono dunque mete missiona­rie e non possono essere che le seguenti: essere una comu­nità aperta, viva e accogliente, educante e solidale.

In questa trasformazione mis­sionaria un ruolo importante deve averlo la famiglia. L’anno speciale, indetto da Papa Fran­cesco, “Famiglia – Amoris Lae­titia”, potrà essere un’occasio­ne propizia per approfondire questi temi e proiettarsi sem­pre più verso comunità ec­clesiali che siano “famiglia di famiglie” (Amoris Laetitia, 87), che non solo sappiano “inclu­dere” a livello pastorale mag­giormente le famiglie, ma che soprattutto riescano a “mu­tuare” dalla famiglia “stile” e “metodo”. Infatti, soltanto una Chiesa che si scopre “famiglia di famiglie”, è capace di “illu­minare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare” (Evangelii Guadium, 273). Una Chiesa che vuole proiettarsi su questa dimensione della famiglia e dell’essere famiglia è sicuramente una comunità che vuole ogni giorno passare dall’essere “Chiesa dei sacra­menti” all’essere “comunità di comunità” (cfr. Evangelii Gaudium, 28), che opera e vive a partire “dai sacramenti”, ge­nerando “novità” e “profezia”, sognando e disegnando per­corsi sempre nuovi in prospet­tiva del progetto evangelico di gioia, di amore e di pace. Buo­na Pasqua a tutti!