A pochi giorni dall’ennesima strage di migranti nel Mediterraneo, l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi, insieme a una delegazione diocesana e del Centro Astalli (il Servizio dei Gesuiti per i rifugiati), si è recato martedì 27 aprile in visita alle cinque strutture religiose del capoluogo che da ormai cinque anni (d’intesa con la Diocesi e con la regia di Astalli) accolgono richiedenti protezione internazionale, un centinaio complessivamente nel tempo.
L’itinerario sulle tracce della solidarietà ecclesiale in risposta all’emergenza migranti ha preso le mosse a Casa San Francesco di Spini di Gardolo, di proprietà dei Cappuccini (rappresentati da padre Luca Trivellato e padre Mario Putin), dove è attivo anche un dormitorio per dieci richiedenti asilo, coordinato da Astalli.
Seconda tappa nella casa dei Comboniani in via Missioni Africane dove grazie alla disponibilità dei missionari, sei universitari veneti e trentini residenti hanno scelto, grazie al progetto “muri che uniscono”, di condividere gli spazi di accoglienza assieme ad una decina di ragazze e ragazzi richiedenti asilo. A facilitare questa convivenza pensano i missionari presenti: Tullio Donati, Mario Benedetti e Claudio Zendron.
La visita è quindi proseguita nella sede delle suore Canossiane in centro a Trento (con l’annessa scuola materna e il Centro di Formazione Professionale) dove l’accoglienza di due mamme africane con le relative figlie, già ben inserite nella scuola, è garantita da suor Daniela Rizzardi con altre tre consorelle.
Nuova sosta quindi a Villazzano nella sede dei Dehoniani, comunità di sei religiosi che guidano anche le parrocchie di Villazzano e Povo dove sono riusciti a dare all’accoglienza di giovani migranti un carattere davvero comunitario nella “normalità” (ad esempio attraverso le “cene del povero” o la realizzazione di un bel murale collettivo), come sottolineano il responsabile della comunità padre Silvano Volpato insieme al parroco padre Giorgio Favero.
A Villa S. Ignazio, sede dei Gesuiti e cuore organizzativo dell’accoglienza, l’ultima tappa di un “pellegrinaggio nei luoghi della sofferenza ma anche del riscatto delle persone”, come lo definisce il responsabile della comunità padre Alberto Remondini.
L’Arcivescovo, accompagnato dal delegato don Cristiano Bettega e dal Referente Caritas Alessandro Martinelli, parla di “un’esperienza meravigliosa di Vangelo dove scopriamo che, se ascolti Dio e guardi i poveri come lui li guarda, ti ritrovi arricchito. Così l’accoglienza non è un dovere ma semplicemente il bello dell’umano. Abbiamo sperimentato in questi anni che dai volti dei poveri abbiamo ricevuto anche la capacità di fare rete e diventare più collaborativi tra noi”.
“Gli incontri mensili fra le nostre realtà, i religiosi, gli operatori, i responsabili diocesani ci hanno aiutato a crescere, a cambiare anche. Siamo contenti di proseguire perché questo diventi un segno di vangelo della nostra Chiesa locale”, aggiunge padre Remondini.
“Qui si vede – interviene il presidente del Centro Astalli, Stefano Graiff – come il coinvolgimento della comunità e il rapporto diretto con i rifugiati diventa il primo modo per creare una sensibilità accogliente, abbattendo pregiudizi di partenza”.
Nei volti più che nelle parole dei migranti incontrati, il sollievo dopo fughe dolorose (via Mediterraneo o rotta balcanica) e la fiducia ora in progetti lavorativi, come sottolinea il settimanale Vita Trentina, oggi in uscita, nell’ampio servizio dedicato alla visita.