Con la pandemia qualcosa che non abbiamo mai immaginato ci è caduta addosso cogliendoci tutti impreparati, mettendo a dura prova la tenuta fisica e psicologica di ciascuno. Sono alterate le nostre relazioni, il senso stesso della comunità ecclesiale; leggere una realtà sino a qualche mese fa inimmaginabile si sta mostrando molto complicato. Abbiamo assistito inermi allo sgretolarsi di certezze che si credevano indistruttibili: «Se qualcuno pensa che si trattasse solo di far funzionare meglio quello che già facevamo, o che l’unico messaggio sia che dobbiamo migliorare i sistemi e le regole già esistenti, sta negando la realtà», ha affermato Papa Francesco (FT 7).
Siamo altresì consapevoli di non essere abbandonati ad un cieco destino: «lasciamoci condurre – ha scritto il Vescovo eletto Giuseppe nel primo messaggio alla diocesi – dalla forza vivificante del Vangelo e sostenuti dal desiderio di camminare insieme, percorreremo strade appassionanti, non lasciando indietro nessuno».
La pandemia è qualcosa di inedito per le nostre generazioni ignare della guerra. Restiamo ostinatamente fiduciosi però, perché anche in quest’ora buia della storia, Gesù non ci lascia soli. Il tempo della prova è tempo di grazia e di lacrime feconde: mai dimenticare che «un viso lavato dalle lacrime è indicibilmente bello» (cf. Sant’Efrem, Discorso ascetico).
Ci accompagnerà durante il tempo di Avvento/Natale la riproduzione dell’immagine del mosaico presente nella parete centrale della cappella del Centro Aletti a Roma, eseguito nel 2003 dagli artisti dello stesso atelier: Cristo Misericordioso con la Vergine-Madre e Giovanni Battista.
Al centro del mosaico appare il Cristo come colui che viene (erchomenos) avvolto nello splendore rosso della sua divinità e nel blu dell’umanità. Accanto al Cristo abbiamo la Madre e Giovanni il Battista. Questi ultimi appaiono in atteggiamento di Deisis: si tratta di un atteggiamento spirituale, dove il gesto di chinare il capo esprime la rinuncia al proprio orgoglio e ad ogni forma di egoismo, per fare spazio all’altro. La Vergine Maria per prima ha dato la propria disponibilità nel divenire la madre del Verbo; infatti, nella mano sinistra, è visibile il gomitolo con il quale ha tessuto la carne al Figlio di Dio. Dall’altra parte c’è Giovanni Battista che, di sé stesso, diceva di doversi abbassare per fare spazio a Colui che viene (cf. Gv 3,30). Giovanni Battista tiene in mano la conchiglia con la quale ha battezzato Cristo, simbolo anche del nostro battesimo.
È il medesimo atteggiamento che ci chiede di assumere Papa Francesco nella Lettera enciclica Fratelli Tutti quando ci invita ad intessere relazioni libere, vere, autentiche, annullando intimismi egoistici, partendo dalla semplice constatazione che «siamo fatti per l’amore» (FT88). E l’amore è autentico, insegna il Papa, quando «aiuta a crescere, e le forme più nobili di amicizia abitano cuori che si lasciano completare» (FT89).
Tutto il materiale di Avvento/Natale ha una chiara allusione al tema della fraternità; d’altra parte la fede è la risposta ad un incontro che ci fa vedere in un modo nuovo gli altri: in Cristo tutti fratelli (Col 1, 2).
L’icona è stata scelta accuratamente in modo tale da non sovrapporsi al tempo liturgico che stiamo per incominciare. La liturgia dell’Avvento già di per sè forma un trittico vivente dove al centro c’è il Cristo che viene, di cui già sperimentiamo la presenza (parusia), ai due lati Giovanni Battista il precursore e Maria la Madre del Signore.