Uniti nella Speranza

Coraggio, non abbiate paura (Mt 14,27)

Mons. Angiuli: “pellegrini in cammino verso il santuario celeste”

Mons. Angiuli: “pellegrini in cammino verso il santuario celeste”

Cari fratelli e sorelle, questa domenica incomincia il nuovo anno liturgico. All’inizio della Messa è stato dato l’annuncio che, da questo giorno, celebreremo le liturgie con il nuovo Messale edito dalla Chiesa italiana. Il Messale è come la mappa che indica il percorso spirituale che dobbiamo seguire per trovare il tesoro: Cristo Gesù.
Il tempo di avvento è la prima tappa del nostro cammino spirituale ed è in stretto legame con l’ultimo periodo dell’anno liturgico. La liturgia è come la vita, non si sviluppa a salti o con strappi, ma procede da un tempo all’altro senza interruzione. Come l’esistenza è un flusso vitale, così la liturgia è un flusso di grazia. Tuttavia cambia il contesto e il senso del percorso. Vi è una continuità nella discontinuità. Riprendiamo a percorrere un sentiero già conosciuto, ma che si presenta in modo sempre nuovo. Celebriamo lo stesso mistero di Cristo, ma con una nuova disposizione dell’anima.
La nuova tappa si caratterizza per la sua dimensione escatologica già sperimentata nelle ultime domeniche dell’anno. Con la nascita di Cristo, il tempo si muove tra due poli: la Pasqua e la Parusia. La storia va dal mistero pasquale alla venuta gloriosa di Cristo. La Pasqua ha racchiuso in sé tutta la storia precedente. Con la sua risurrezione, Cristo è stato inaugurato il tempo nuovo, ultimo e definitivo. Ora non rimane altro che attendere la sua manifestazione definitiva e la consegna di ogni cosa nelle mani del Padre. Fondati sulla certezza della nascita storica del Verbo, attendiamo la sua epifania gloriosa. Siamo, dunque, immersi nel clima dell’eschaton, cioè nel tempo finale. Viviamo nel tempo della fine, che non vuol dire la fine del tempo, ma significa il tempo orientato verso il compimento della promessa e della piena realizzazione della salvezza.
Questo tempo intermedio è contrassegnato da segni contrastanti, accompagnati da sentimenti di paura e angoscia, di tribolazione e tormento, di sofferenza personale e incertezza sociale. La pandemia da coronavirus ci sta presentando in forma concreta tutta questa serie di sensazioni e di emozioni. La crisi invade l’interno e l’esterno. Si insinua nell’intimo dell’anima e si manifesta a diversi livelli nella società. Avvertiamo di essere come in mezzo al guado. Ci sembrava di aver superato il pericolo del virus. Ma è ritornato con tutta la sua carica malefica.
Sentiamo che è come un nemico invisibile che può attaccarci e, senza che noi ce ne accorgiamo, trascinarci in una spirale di dolore. Quello che più ci sgomenta è constatare che la diffusione si sta propagando anche nel nostro territorio. Nella prima fase, ha riguardato soprattutto il nord, ora si sta diffondendo anche nel Salento e nel Capo di Leuca. Di fronte a questo nemico, nonostante tutte le precauzioni, ci sembra di essere del tutto indifesi. Nessuno può ritenersi immune dalla possibilità di contrarre il virus. Questo provoca in noi un sentimento di ansia, di preoccupazione e di apprensione. Siamo chiamati a vigilare, a stare attenti, a non prendere le cose con superficialità.
Ed è proprio questo il messaggio che l’avvento ci suggerisce. Adventus significa prestare attenzione a ciò che sta per accadere: la seconda venuta di Cristo. Egli viene in modo nuovo e diverso dalla prima venuta. La prima volta è venuto in umiltà, ora viene nella gloria per portare a compimento l’opera della salvezza. Viene come Maestro, Signore e Giudice. Il brano evangelico di Marco esprime questa verità portando l’esempio del ritorno del padrone di casa dopo un lungo viaggio. Queste le parole del Vangelo: «È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati» (Mc 13,34-36).
In questo brano evangelico, il verbo vegliare si ripete 4 volte in 5 versetti. È indubbiamente la parola centrale del vangelo di questa prima domenica di avvento. È un imperativo e un esortativo. Non si può disattenderlo. Vigilante è una persona che sa di non sapere e per questo rimane sveglia e attenta a cogliere tutti i segni della venuta del padrone. Chi invece non si aspetta nulla dalla vita è propensa a fidarsi solo delle proprie idee e delle sue convinzioni. Per questo in altri passi del Nuovo Testamento ritorna lo stesso imperativo: «È ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti» (Rm 13,11). Ed ancora: «Svegliati o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà (Ef 5,14).
La liturgia ci esorta ad essere “servi vigilanti” in attesa del padrone per andargli incontro e aprirli subito, non appena bussa alla porta. L’avvento è non lasciarsi paralizzare dalla paura, ma vigilare con coraggio e «andare incontro con le buone opere a Cristo che viene, perché egli ci chiami accanto a sé nella gloria a possedere il regno dei cieli» (Colletta).
Dobbiamo innanzitutto desiderare la sua venuta e ripetere con le parole del profeta Isaia: «Oh, Se tu squarciassi i cieli e scendessi!». Questa invocazione esprime un senso di fiducia, di affidamento e di speranza. Siamo conviti che il Signore è un Dio di misericordia e di perdono. È un Padre, come attesta la prima lettura: «Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore» (Is 63, 16). Non ci abbandona mai. In ogni circostanza e avversità, ci soccorre e viene in nostro aiuto. Preghiamolo perciò con le parole dell’antifona di ingresso: «A te, Signore, elevo l’anima mia, Dio mio, in te confido: che io non sia confuso. Non trionfino su di me i miei nemici. Chiunque spera in te non resti deluso» (Sal 25,1-3). La condizione è che siamo perseveranti e aspettiamo con fiducia «la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo, il quale vi confermerà fino alla fine, affinché siate irreprensibili nel giorno del nostro Signore Gesù Cristo» (1Cor 1,7).
Rinnoviamo, dunque, il nostro impegno di andare incontro a Cristo. Rimettiamoci di nuovo e insieme in cammino. Formiamo una carovana solidale, un grande pellegrinaggio per vivere con coraggio e fiducia il tempo presente e giungere al santuario celeste dove potremo cantare per sempre le lodi del Signore.