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Mons. Angiuli: Natale, tra crisi pandemica e rinascita spirituale

Mons. Angiuli: Natale, tra crisi pandemica e rinascita spirituale

Il Natale di quest’anno cade in un contesto particolarmente difficile. La crisi pandemica ha ed avrà ancor più forti ripercussioni dal punto di vista economico, alimentare e ambientale. La crisi alimentare, già allarmante prima della diffusione del Covid-19, sta avendo un impatto diretto e indiretto sulla produzione, sulla distribuzione e sull’accesso al cibo. La crisi ambientale potrà subire un ulteriore deterioramento. La crisi economica si ripercuoterà sul piano sociale con effetti molto pesanti per l’occupazione e il mercato del lavoro.

L’Europa e gli stati nazionali stanno cercando di porre riparo con ambiziosi progetti di riforma economica e sociale. Rimane la preoccupazione per i risparmi e per il lavoro e serpeggia un senso di sfiducia per il prossimo futuro. Aumenta il numero di coloro che sono convinti che non andrà tutto bene e che usciremo dalla pandemia peggiori di prima. In riferimento alla situazione italiana, il 54° rapporto del Censis segnala che la nostra società sembra una “ruota quadrata che non gira o che avanza a fatica”. L’epidemia ha squarciato il velo sulle annose vulnerabilità e difetti strutturali della società italiana. Se non si corre ai ripari, la situazione potrà divenire ancora più grave, dopo la fine dell’emergenza.

Sorge spontanea allora la domanda sul valore che la festa di Natale riveste in questo difficile contesto economico e sociale. La risposta dovrebbe prendere avvio dalla considerazione del significato essenziale del Natale. Come tutti gli altri misteri della fede cristiana, il Natale contiene in sé un dato storico, una narrazione dell’evento, un significato spirituale e un valore simbolico. Tra di essi intercorre un nesso inscindibile.

Il punto di partenza è la dimensione storica della nascita di Cristo. La religione cristiana, infatti, non è un insieme di dottrine, ma è una fede che si aggancia ad avvenimenti salvifici strettamente e inestricabilmente radicati nella storia e nelle vicende umane. Senza il riferimento alla storia, il cristianesimo si scioglierebbe come neve al sole. La nascita di Gesù, pertanto, non è un mito e nemmeno una favola, ma un avvenimento realmente accaduto in un preciso contesto storico e geografico. L’evangelista Luca riferisce di un censimento decretato all’imperatore Cesare Augusto, mentre Quirinio era governatore della Siria (cfr. Lc 2,1-2). L’evangelista Matteo precisa che Gesù nacque «al tempo del re Erode» (Mt 2,1). Queste indicazioni sono state la base per fare ulteriori calcoli e arrivare a determinare con più precisione, dal punto di vista temporale, la nascita di Gesù.

Il significato spirituale di questo evento storico si può riassumere nella frase del Vangelo di Giovanni: «Il Verbo si è fatto carne» (Gv 1,14). In Gesù, Dio stesso si è fatto uomo, è vissuto tra gli uomini e ha reso visibile il suo volto invisibile. Il Natale, insomma, propone un’affermazione inaudita: una donna ha generato Dio! Un filosofo come Massimo Cacciari, consapevole della grande portata di questa verità di fede, nel 2018, ha pubblicato un libro dal significativo titolo “Generare Dio”, mostrando, da par suo, come la figura della Vergine Maria con il suo bambino abbia svolto un ruolo straordinario nella civiltà occidentale. Attraverso questa immagine così umana e concreta, la cultura europea ha pensato non solo il proprio rapporto con il divino e la relazione di Dio con l’umanità, ma ha riflettuto sull’essenza stessa di Dio.

La nascita di Dio nel tempo è la verità centrale del Natale sulla quale ogni anno dovremmo riflettere; verità che riveste un valore anche per chi non crede. L’incarnazione del Verbo, infatti, è un simbolo che dà a pensare, almeno per il suo significato antropologico. Hannah Arendt ha mostrato che il “simbolo della natalità” ha un grande valore perché, a suo dire, si tratta di un «miracolo che preserva il mondo, la sfera delle faccende umane, dalla sua normale “naturale” rovina […]. Solo la piena esperienza di questa facoltà può conferire alle cose umane fede e speranza, le due essenziali caratteristiche dell’esperienza umana che l’antichità greca ignorò completamente. È questa fede e speranza nel mondo che trova forse la sua più gloriosa ed efficace espressione nelle poche parole con cui il Vangelo annunciò la “lieta novella” dell’avvento: “Un bambino è nato per noi”» (H. Arendt, Vita activa, Bompiani, Milano 2011, p. 182).

La nascita di Gesù segna, dunque, un nuovo inizio del tempo e indica un capovolgimento spirituale che ha un suo risvolto anche culturale, politico e sociale: i poveri non sono più ai margini della storia, ma entrano nel cuore delle vicende umane. A queste vicende, Dio stesso prende parte. L’esatto contrario di quanto sta avvenendo in questo tempo di pandemia nel quale assistiamo all’allargamento della forbice tra ricchi e poveri, tra garantiti e non garantiti. Tutto questo accade anche a seguito della dimenticanza e dell’indifferenza nei riguardi di Dio. Mentre il Natale annuncia un evento umano e divino, con tutte le conseguenze che questo comporta per il vivere sociale, l’uomo moderno ha esorcizzato il richiamo al Totalmente Altro, relegando Dio nell’irrilevanza e nell’insignificanza. Dall’affermazione della “nascita di Dio” l’Occidente è passato alla sentenza sulla “morte di Dio”. Il vuoto spirituale che si è creato appare ora evidente anche sul piano culturale, sociale ed economico.

Il simbolo della nascita, invece, nel suo significato antropologico ulteriormente avvalorato dal suo fondamento teologico, rappresenta la possibilità di contrastare la crisi spirituale che l’Occidente sta vivendo sotto la spinta del nichilismo tecno-capitalista. La crisi odierna, infatti, non è semplicemente economica, ma è una crisi di senso e, propriamente, è una crisi spirituale. Il suo superamento esige che sia ripensato alla radice il fondamento della vita, riconoscendo il primato dell’eccedenza spirituale e qualitativa dell’uomo, rispetto alla sua dimensione quantitativa e funzionale. Se Dio diventa uomo, è perché egli riconosce la dignità altissima di ogni uomo; una dignità che a nessuno è lecito calpestare.

Il Natale di quest’anno potrebbe rappresentare un punto di svolta. La crisi pandemica che stiamo attraversando, pur con tutte le problematiche che comporta, può spingerci a coltivare la speranza di un cambiamento radicale non solo sul piano economico e sociale, ma molto più su quello culturale. Cosa che non potrà avvenire senza una rinascita spirituale.

 

Articolo in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, giovedì, 24 dicembre 2020, p. 21.