Uniti nella Speranza

Coraggio, non abbiate paura (Mt 14,27)

Don Grimaldi: le carceri sono il presepe vivente per questo Natale

Don Grimaldi: le carceri sono il presepe vivente per questo Natale

Natale nelle carceri, un Natale invisibile. Un Natale diverso, tenero, ricco di speranza e misericordia.  La concreta  testimonianza e il messaggio di speranza di don Raffaele Grimaldi,  Ispettore dei Cappellani delle Carceri d’Italia, ai detenuti e alle loro famiglie, nel corso di una intervista televisiva per l’emittente TRSP TeleradiosanPietro di ispirazione cristiana.

«Per questa vigilia del Santo Natale la realtà delle carceri ha preparato un piatto speciale.  Non è un bel Natale nel piatto dei detenuti- ha affermato in prima battuta don Grimaldi-  perché molti di loro non faranno colloqui con i loro familiari. Qualcuno avrà la possibilità di fare un collegamento online con i propri familiari e, quindi,  anche per loro è un natale particolare a seguito della emergenza sanitaria. La pandemia ha imprigionato ancor di più i tanti fratelli detenuti che vivono nelle carceri. E lo è anche per i cappellani, per il  mondo del volontariato  che , come ogni anno e  in questo periodo,  normalmente  sono  molto presenti attraverso la convivialità e la comunione reciproca con i pranzi, le celebrazioni, gli eventi artistici, ricreativi,  eventi culturali e di catechesi. Quest’anno purtroppo il Natale è diverso a causa delle ulteriori restrizioni i che si vivono all’interno  delle carceri, a seguito delle misure di contenimento anti Covid-19.  Nel celebrare la Santa Messa di Natale al carcere di Secondigliano, ho incontrato i cappellani, la polizia penitenziaria e il personale dei volontari e dell’area educativa per portare loro il conforto della Fede, ricchezza e approdo sicuro. Tutt’intorno si percepisce nell’aria e nei loro animi, si toccano con mano le difficoltà che la realtà carceraria sta vivendo a causa dei contagi . Seppure sono contenuti, all’interno degli Istituti penitenziari non mancano le difficoltà strutturali di adeguamento per la prevenzione sanitaria e soprattutto per la scoraggiante paura di essere contagiati.  Un piatto vuoto, dunque, ma come si può colmare il piatto – gli è stato post nell’intervista –  in questa giornata in cui si ricorda e si rinnova la nascita di Gesù che nacque nella umile mangiatoia così carica di Luce?

Certamente il cammino che i detenuti hanno fatto con i cappellani è un percorso di Fede. Ma, oggi, Natale è per loro un evento Invisibile. Invisibile perché non ci sono le Celebrazioni liturgiche, non ci sono i contatti, mancano le catechesi.  Nonostante tutto però questo Natale è un natale più intimo. Vissuto così ristretto anche per noi che siamo fuori dal carcere, ci aiuta a riscoprire il senso del vero Natale che non è caos, pranzi sovrabbondanti, spreco, regali, divertimento, sballo.  Il Natale vissuto così, è un Natale intimo che tocca il cuore di tutti noi. I detenuti da sempre hanno vissuto gli eventi liturgici, le ricorrenze della Fede Cattolica, nella pura semplicità che permette loro di dialogare con Dio e di lasciarsi inondare  dall’amore di Dio.

Potremo dire che le carceri rappresentano, oggi, un quadro  vivente di un presepe vivente , nel quale  si vive  la Misericordia e si recepisce il  messaggio di Speranza.

In questo momento vorrei portare un messaggio di conforto alle famiglie dei detenuti; a quei genitori, alle mogli,  ai fratelli ai figli che  attendono a braccia aperte  i fratelli detenuti che sono in attesa  di una liberazione piena. Ci sia Speranza innanzitutto per le famiglie  perché sappiamo che anche loro nel vedere i loro  cari congiunti vivere la sofferenza della solitudine del carcere, chiusi in una cella,  anche loro non vivono un Natale sereno. Però un luogo comune dice che la Speranza è l’ultima a morire. Quante volte papa Francesco ha consegnato nelle nostre mani di cappellani il messaggio di speranza dicendo di portare Speranza nei luoghi della disperazione, di portare la speranza del Vangelo. Soltanto Gesù che nasce per noi, ci può dare la vera Speranza.

Le carceri sono i nostri presepi viventi perché dentro la nascita di Gesù c’è  un’immagine tragica rievocata dall’evangelista Luca che narra  “per loro non c’era posto in albergo”. Le porte si erano chiuse davanti al Messia che doveva nascere e quindi anche Maria  e Giuseppe –esuli-  si sono sentiti emarginati . Questa “rievocazione storica” è   quello che avviene per tanti detenuti che , spesso, sono emarginati, gli scartati dalla società. Durante il Natale c’è molta solidarietà e vicinanza con le persone che vivono il carcere soprattutto ora che la Pandemia ha distanziato maggiormente e ha acuito le criticità  che si vivono nelle carceri. Perciò vorrei lanciare un appello affinché   l’attenzione verso il carcere non sia relegata soltanto in questi momenti, ma ci sia la continuità e la consapevolezza  che fuori dal carcere i detenuti devono trovare una società inclusiva e accogliente . Perciò, quel Gesù che non viene accolto nell’albergo è l’esperienza che fanno i nostri fratelli quando escono dal carcere perché fanno fatica ad essere accolti nella società

Infine, a Natale troviamo un piatto colmo per il dono  della  buona notizia  sulla beatificazione del  magistrato Rosario Livatino in quanto lo scorso 21 dicembre,  papa Francesco ha autorizzato la congregazione per la causa dei santi a promulgarne il decreto. E’ un’attenzione verso la magistratura. Certamente Livatino non era soltanto un magistrato ma un credente che si lasciava illuminare dalla Parola di Dio. Oltre ad essere un magistrato era un uomo giusto. Lui scrutava le storie e le situazioni più difficili prima di giudicare. Per il mondo del carcere la beatificazione di un magistrato è un messaggio forte e attuale per i magistrati.  I giudici hanno in mano le sorti di tanti uomini e donne e perciò chiediamo che anche loro che siano illuminati dalla grazia del Vangelo che  coniuga Giustizia e Misericordia sull’esempio testimoniale del Servo di Dio, Livatino. Un Santo Natale nella pienezza della Luce e della Speranza, cibo della nostra Fede cristiana».