In ordine al bando sull’assegnazione delle case popolari di Ferrara, una parte importante delle reazioni che hanno accompagnato i due Comunicati dell’Ufficio stampa dell’Arcidiocesi, ha purtroppo assunto toni e contenuti offensivi, irrazionali e improntati alla facile demagogia. Il primo comunicato, oltre a manifestare la soddisfazione in ordine all’assegnazione delle case popolari a 157 persone e famiglie italiane, si permetteva di esprimere la preoccupazione – a fronte delle dichiarazioni dell’Amministrazione comunale – che nessuna persona e famiglia fosse stata esclusa per ragioni di razza e nazionalità. I successivi interventi del Sindaco hanno reso necessario un secondo comunicato, per esprimere il rischio – divenuto già realtà per il bonus famiglie che ha visto la condanna del Comune di Ferrara, con il pagamento di 65.000 euro di spese processuali – di una possibile nuova condanna del Comune per discriminazione, alla luce delle sentenze della giurisprudenza. Il ricorso avviato dall’ASGI è la dimostrazione che non sbagliavamo a preoccuparci. Al di là di questo, rincresce – e lo abbiamo affermato in altre occasioni – che non si comprenda come gli interventi della Chiesa, in materia sociale, siano legittimi e nascano dall’opzione preferenziale dei poveri e dalla tutela dei più deboli che, da sempre, sono al centro del Magistero teologico e sociale della Chiesa. Questa opzione preferenziale è stata riaffermata da Papa Francesco nell’esortazione Evangelii Gaudium, sulla base delle Costituzioni conciliari Lumen Gentium (n. 8) e Gaudium et spes (n. 1): “Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli” (E.G. 48). E all’inclusione sociale dei poveri Papa Francesco dedica diversi paragrafi della stessa Esortazione (nn. 186-199), con preziose indicazioni: “Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri, in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società; questo suppone che siamo docili e attenti ad ascoltare il grido del povero e soccorrerlo” (E.G. 187). Casa, lavoro, scuola e salute sono da sempre i beni di cui garantire l’accessibilità a tutti, soprattutto ai più poveri, seguendo criteri non esclusivi. Anche San Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI avevano sottolineato questa scelta preferenziale come legata alla nostra fede – ricorda sempre Papa Francesco: “la Chiesa ha fatto una opzione per i poveri intesa come una “forma speciale di primazia nell’esercizio della carità cristiana, della quale dà testimonianza tutta la tradizione della Chiesa” (S. Giovanni Paolo II). Questa opzione – insegnava Benedetto XVI – “è implicita nella fede cristologica in quel Dio che si è fatto povero per noi, per arricchirci mediante la sua povertà” (E.G. 198).
L’evangelica opzione preferenziale per i poveri, trattata come docente in 25 anni di insegnamento teologico dogmatico e sociale, e maturata in altrettanti anni di lavoro pastorale nella Caritas Diocesana di Cremona, in Caritas Italiana e nella Fondazione Migrantes della CEI, da Pastore di questa Chiesa locale, che mi vede come ogni Vescovo presiedere l’Eucaristia e i sacramenti in Cattedrale e presiedere la Caritas Diocesana, non può non rendermi attento alla tutela dei più poveri e dei più deboli, coniugando carità e giustizia, rifiutando con forza ogni esclusione e prevaricazione, falsità gratuita o accusa laicista o spiritualista che allontani da questa fondamentale verità evangelica ed ecclesiale.