Nel fine settimana sono cominciati i lavori per la posa di un refettorio da campo a Lipa. Il tendone permetterà ai circa 900 profughi che vivono sull’altopiano bosniaco di poter consumare il pasto in un posto riscaldato e coperto.
Dopo la distribuzione di legna da ardere, nei primi giorni dell’emergenza, l’intervento di Caritas Ambrosiana, Caritas Italiana e Ipsia entra in una nuova fase. Grazie all’accordo con le autorità locali, la realizzazione della nuova struttura finanziata da tanti sostenitori italiani, permetterà di migliorare le condizioni di vita dei profughi.
A questo scopo, Caritas Ambrosiana, Caritas Italiana e Ipsia hanno anche offerto la loro collaborazione per assicurare un’assistenza sanitaria adeguata indispensabile tanto più in un contesto come quello attuale che espone i migranti al rischio di contagio da Covid 19: saranno garantiti farmaci e verrà acquistata e donata all’ospedale cittadina un’ambulanza.
Nonostante gli ultimi interventi delle autorità la situazione continua a rimanere drammatica. Nei giorni scorsi, infatti ha ripreso a nevicare abbondantemente e la temperatura è scesa parecchi gradi sotto lo zero. Una parte dei profughi vive ancora in baracche di fortuna costruite da loro stessi con la legna recuperata nel bosco. Ma anche coloro che hanno trovato posto nella nuova tendopoli allestita dall’esercito bosniaco dopo l’incendio dell’antivigilia di Natale, vivono al freddo perché le tende non sono riscaldate. Quando la Croce Rossa locale porta il cibo, una volta al giorno, occorre mettersi in fila e attendere per ore, esposti alle intemperie, il proprio turno. Nel nuovo campo, inoltre, mancano ancora gli allacci idrici ed elettrici e l’acqua potabile deve essere trasportata su camion cisterna. I bagni chimici sono insufficienti e resi inutilizzabili dalle temperature. In queste condizioni, sono aumentati i casi di scabbia e le malattie da raffreddamento e si sono verificati anche alcuni casi, fortunatamente lievi, di assideramento.
«Con le donazioni raccolte come Caritas Ambrosiana, attraverso l’installazione della tenda mensa, l’acquisto dell’ambulanza, la distribuzione dei primi aiuti d’emergenza facciamo la nostra parte per alleviare la sofferenza di queste persone. Tuttavia Lipa è solo la punta più acuta di una crisi umanitaria che da anni si sta consumando alle porte dell’Europa. Affinché si possa trovare una soluzione per i profughi che vivono a Lipa, così come nelle tante altre situazioni tragiche lungo tutta la Rotta Balcanica, serve che le istituzioni comunitarie facciano sentire la loro voce. Ci auguriamo che la recente missione degli europarlamentari italiani che hanno visitato il campo di Lipa possa contribuire a risolvere questo dramma e fare in modo che il diritto all’accoglienza di chi fugge da guerre e persecuzioni sia garantito», ha dichiarato Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana.
Cosa è successo
Il 23 dicembre un incendio ha distrutto la tendopoli di Lipa, località sulle alture alle spalle della cittadina di Bihac in Bosnia Erzegovina. Gli ospiti hanno costruito ripari di fortuna con quello che era rimasto delle tende. Per tre settimane sono stati abbandonati a loro stessi. Per tutto questo periodo Caritas Italiana, Caritas Ambrosiana e Ipsia sono intervenuti distribuendo legna da ardere per permettere alle persone di riscaldarsi. A gennaio il governo di Sarajevo ha inviato l’esercito che ha ricostruito una tendopoli. Al momento le tende non sono però ancora sufficienti per tutti e non garantiscono in ogni caso una soluzione adeguata perché non sono riscaldate. Il nuovo accampamento non ha acqua corrente e non è servito da impianti elettrici. Dopo un primo tentativo di trasferire i profughi a Bihac, fallito per l’opposizione del sindaco e delle autorità cantonali, il governo ha stabilito che il campo Lipa diventerà nei prossimi mesi un “Official Reception Centre” e ha affidato nuovamente la gestione all’OIM (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni) che aveva abbandonato la tendopoli prima che le fiamme la distruggessero. Seguendo l’evoluzione della situazione, grazie anche agli accordi con le autorità locali Caritas e Ipsia sono passati ad un intervento più strutturato per far fronte ai bisogni alimentari e sanitari.
Il contesto
La crisi migratoria in Bosnia, purtroppo, non riguarda solo il campo di Lipa. È noto che i centri di accoglienza ufficiali sono sovraffollati e non c’è spazio per tutti. Circa 3.000 persone sono costrette a vivere in case abbandonate, in ripari di fortuna (anche nei boschi) in condizioni molto gravi. Una situazione, tra l’altro, aggravata dai violenti respingimenti alla frontiera della polizia croata denunciati anche al Parlamento Europeo che impediscono ai migranti di proseguire il loro viaggio in Europa.
Come contribuire
Per sostenere l’economia locale e evitare procedure doganali complesse e spese di trasporto e sdoganamento costose, Caritas non raccoglie o spedisce gli aiuti umanitari dall’Italia ma li acquista in loco.
Per sostenere i progetti di emergenza di Caritas Ambrosiana in favore di profughi in Bosnia
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