Uniti nella Speranza

Coraggio, non abbiate paura (Mt 14,27)

Card. Betori: la Quaresima è ritornare a Dio, alla fede in lui

Card. Betori: la Quaresima è ritornare a Dio, alla fede in lui

Nel Messaggio per questa Quaresima, Papa Francesco esorta a vivere questo tempo come «tempo per rinnovare fede, speranza e carità» e, con riferimento al testo del vangelo di Matteo proclamato nella Celebrazione eucaristica del Mercoledì delle Ceneri, si esprime così: «Il digiuno, la preghiera e l’elemosina, come vengono presentati da Gesù nella sua predicazione (cfr Mt 6,1-18), sono le condizioni e l’espressione della nostra conversione. La via della povertà e della privazione (il digiuno), lo sguardo e i gesti d’amore per l’uomo ferito (l’elemosina) e il dialogo filiale con il Padre (la preghiera) ci permettono di incarnare una fede sincera, una speranza viva e una carità operosa».

Il primo dato da cogliere nelle parole del Papa è che la Quaresima non va vissuta semplicemente come un itinerario di revisione morale della nostra vita, un adeguamento dei nostri comportamenti a maggiore coerenza rispetto alla nostra appartenenza ecclesiale, bensì come un processo di conversione che tocca la nostra stessa identità di credenti, nelle tre dimensioni teologali della vita cristiana: fede, speranza e carità. Senza sminuire il valore della pratica cristiana, non dobbiamo perdere di vista che, quando questa si affievolisce o mostra profili contraddittori, ciò accade perché è venuto meno qualcosa nella nostra identità di discepoli di Gesù. Solo ricostruendo questa identità si pongono le basi per una prassi davvero fedele al Vangelo.

E poiché fede, speranza e carità non sono il prodotto di una nostra decisione, ma sono virtù che ci vengono donate per grazia da Dio – per questo le chiamiamo teologali –, è chiaro allora che al centro della nostra Quaresima deve esserci la riscoperta del nostro rapporto con Dio. Il senso della Quaresima è anzitutto teologico e la conversione che essa chiede, prima della vittoria su questa o quella debolezza morale, è il nostro ritorno a Dio, alla fede in lui, da cui poi scaturisce l’obbedienza alla sua Parola e quindi anche una vita nuova.

E non si pensi che questo richiamo alla centralità del riconoscimento di Dio nella nostra vita conduce ad allontanarci dai problemi storici. Al contrario, proprio le vicende del nostro tempo, segnato dalla pandemia e dalle sue conseguenze sociali, ci dicono che mettere Dio al centro della vita e della storia è fondamentale per rispondere alle due domande che gravano sulla nostra convivenza: la domanda di speranza e quella di condivisione. L’aver sperimentato che l’uomo non è il padrone di tutto e non ha in sé la soluzione per tutto ci pone di fronte a un bivio: da una parte la delusione che non vede orizzonte davanti a sé, dall’altra affidarsi a un fondamento dell’esistenza che va oltre noi stessi e illumina di sé il nostro cammino, Dio. Allo stesso modo, la ricerca di una salvezza di fronte alle minacce sanitarie e sociali impone una scelta tra il chiudersi nella difesa del nostro particolare, avvantaggiando così i più forti, ovvero fare della cura dell’altro un principio di ricostruzione delle relazioni tra fratelli, figli di un unico Padre, ponendo al centro i più fragili.

Non dobbiamo però dimenticare il legame che il Papa stabilisce tra la rinascita di fede, speranza e carità con l’esercizio di digiuno, elemosina e preghiera. Ritorniamo perciò alla pagina del vangelo secondo Matteo.

L’insegnamento di Gesù a riguardo delle opere della penitenza tende a ribaltarne l’orientamento: dall’ostentazione esteriore di fronte agli uomini a un’interiorità che è la cifra stessa di Dio Padre, che vede appunto nel segreto dell’uomo, entra in contatto diretto con il nostro cuore. Nell’intimo di noi stessi, dove le apparenze contano nulla, non hanno alcun valore il giudizio degli altri, la loro accettazione di noi, il plauso e il sostegno di qualcuno; in quell’intimo noi siamo messi a nudo ai nostri stessi occhi, e la luce che può illuminare il nostro buio è soltanto Dio e la sua parola di perdono e di redenzione. Le opere quaresimali ci riportano all’essenzialità del nostro essere e del nostro rapporto con Dio; e, in lui, con gli altri.

Condividere i beni con i fratelli nel bisogno, tramite il gesto dell’elemosina, mostra come il vangelo di Gesù sia alternativo a un mondo avido di accumulare beni e che fa del successo economico il metro di giudizio prevalente della riuscita di una vita. Ma l’uomo non è ciò che ha, e la condivisione aiuta a ritrovare la nostra vera misura e a liberarci dal troppo ingombro delle cose. In questo tempo di pandemia misuriamo la verità di questo orientamento di vita, in quanto dovrebbe essere chiaro a tutti che solo la condivisione può salvarci. Non ci si salva da soli, ma insieme. Scrive il Papa: «Nel contesto di grande incertezza sul domani, ricordandoci della parola rivolta da Dio al suo Servo: “Non temere, perché ti ho riscattato” (cfr Is 43,1), offriamo con la nostra carità una parola di fiducia, e facciamo sentire all’altro che Dio lo ama come un figlio» (Messaggio per la Quaresima 2021, n. 3). In questa direzione si orienta anche l’appello della nostra Caritas diocesana per la “Quaresima di Carità”, in cui viene promossa una “Raccolta per le famiglie in temporanea difficoltà” a causa della pandemia. Esorto tutti a un’attiva partecipazione per sostenere i nostri centri di ascolto nell’essere vicini a molte famiglie nel bisogno.

L’invito alla preghiera a tu per tu con il Padre ci spinge al superamento delle troppe parole inutili che riempiono la nostra esistenza, per ritrovare le parole che contano: la parola che ci ha creato e le parole, i gesti che nell’amore rispondono all’amore che ci ha redento. Riscoprire nella preghiera la forza del silenzio e l’unicità di un dialogo depurato da ogni interesse, perché dà spazio all’assoluta gratuità, è la strada per ridare senso anche alle parole di tutti i giorni. Riempire i tempi del distacco dagli altri di parole non inutili come le parole della preghiera dovrebbe essere un proposito da non farci mancare in questa Quaresima. «Nel raccoglimento e nella preghiera silenziosa, la speranza ci viene donata come ispirazione e luce interiore, che illumina sfide e scelte della nostra missione», ricorda Papa Francesco (Messaggio per la Quaresima 2021, n. 2).

L’appello al digiuno, infine, introduce a una più giusta valutazione di ciò che conta nella vita e per la vita, contro la cultura del desiderio, che di fatto genera una sempre più diffusa insoddisfazione. Liberarci dall’essere schiavi dei desideri del corpo è condizione per riscoprire il significato stesso della salute: non valore per sé stessa, ma condizione per meglio servire Dio e i fratelli, consapevoli che il nostro destino è la salvezza eterna. Leggiamo nel Messaggio di Papa Francesco: «Digiunare vuol dire liberare la nostra esistenza da quanto la ingombra, anche dalla saturazione di informazioni – vere o false – e prodotti di consumo, per aprire le porte del nostro cuore a Colui che viene a noi povero di tutto, ma “pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14): il Figlio del Dio Salvatore» (Messaggio per la Quaresima 2021, n. 1).

Verso di lui, verso la sua Pasqua di morte e risurrezione ci conduca il cammino della Quaresima. L’esortazione paolina: «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2Cor 6,2) risvegli la nostra mente e il nostro cuore, per un’adesione più piena al dono di salvezza che Dio ci fa, per essere rinnovati dalla sua misericordia.