Uniti nella Speranza

Coraggio, non abbiate paura (Mt 14,27)

Latina 15 dicembre 2013. L'ingresso di Mons. Mariano Crociata in diocesi.

Mons. Crociata: Quaresima, palestra per imparare a rispettarci e lavorare insieme

Anche alla parola ‘quaresima’ è toccato il destino che tocca alle parole di cui si perde il significato originario e che finisce per sottolinearne solo un aspetto, e non sempre il principale. Così ‘quaresima’ viene usata per indicare un tempo triste, desolato, depresso, carico di privazioni. Non a caso qualcuno ha paragonato ad essa il lungo periodo della pandemia. Il fatto è che il tempo liturgico che oggi iniziamo non ha più il volto austero di una volta, non significa più quella severità di cui si avvertiva l’esigenza dopo un tempo di baldoria e di eccessi, ma semplicemente un modo di continuare a fare le cose di sempre con qualche piccolo ritocco stilistico. Ora che non conosciamo più eccessi e baldoria, si potrebbe pensare che continuiamo la quaresima nella quale siamo da quasi un anno. Dobbiamo perciò chiederci: è questo che significa la quaresima? O qualcos’altro? Come gli altri, anche questo tempo liturgico ci dà una misura, una dimensione, della vita cristiana
ordinaria. La quaresima torna a farci capire meglio che la vita è una prova, un tempo di purificazione e di preparazione, in vista di una realtà che attende di manifestarsi pienamente. Essa vuole renderci consapevoli di tutta la precarietà e la provvisorietà che caratterizzano la nostra condizione umana. In questo senso l’esperienza della pandemia si delinea sempre di più come una lezione da apprendere per sempre, non solo per il caso in cui dovessimo attrezzarci a confrontarci con cicliche ondate di pandemie. Abbiamo bisogno di imparare a vivere con una consapevolezza vigile della nostra condizione umana e dei pericoli che la assediano, per non perderci dietro a preoccupazioni inutili e prenderci cura, invece, delle cose che contano davvero, che durano e restano, come la fiducia, la speranza, il coraggio di affrontare ogni cosa, il senso del bene condiviso.

Dobbiamo riappropriarci di ciò che è necessario a una vita realmente cristiana, conforme all’esempio e alle attese di Cristo Gesù. La quaresima era soprattutto nell’antichità cristiana il tempo
della preparazione al battesimo dei catecumeni, cioè di quelli che si preparavano a riceverlo nella Veglia pasquale. Il battesimo era e rimane il centro della vita cristiana, il suo inizio e la sua sorgente permanente. Per questo dalla Pasqua discende tutto l’anno liturgico. Il battesimo significa vita nuova, nuova identità, piena investitura dello Spirito del Risorto per venire abilitati a una appartenenza a Cristo con il cuore, il pensiero, i gesti, la vita in tutte le sue forme. Al battesimo è strettamente legata la conversione. E conversione significa ritorno alle origini e ritorno al futuro, per così dire, cioè a quella pienezza di appartenenza a Cristo a cui aneliamo mediante tutti i nostri confusi e contraddittori desideri a partire dalla nostra rinascita battesimale. La quaresima è dunque un rinnovato cammino battesimale per ritrovare il nostro vero volto e lasciarlo delineare in maniera sempre più perfetta secondo il disegno che Dio creatore e redentore ha voluto conferirgli. È un cammino di verità, quello quaresimale, perché ci conduce a scoprire chi siamo e quale forma compiuta dobbiamo dare a noi stessi.
I compiti che il Vangelo e la tradizione della Chiesa affidano per il cammino penitenziale della Quaresima sono le opere che plasmano il nostro vero volto e la nostra identità più genuina perché
rispondente all’abbozzo originario del Creatore. Preghiera, digiuno, elemosina sono gli impegni permanenti della cura della vita cristiana e della coscienza credente. Vi coglierei trasversalmente tre
esigenze da cui farsi condurre in questo tempo di grazia che oggi ha inizio.

La prima esigenza è quella della riflessione attenta, del silenzio raccolto e fecondo, animato dal senso di Dio e della sua presenza in un atteggiamento orante. Abbiamo bisogno di custodire il
silenzio e di meditare per capire l’essenziale, ciò che ci sta accadendo, che cosa ci viene chiesto e quale futuro preparare o come attrezzarci per il futuro, quale cuore coltivare prima che quali cose fare. Una seconda esigenza è quella di far crescere un nuovo senso di comunità. Non solo in senso ecclesiale e credente: questa è per noi la prima e fondamentale forma di comunità, la sorgente dello stare insieme in solidarietà e fraternità; non a caso di essa è parte viva e costitutiva la famiglia cristiana. Ora scopriamo una comunanza che va al di là delle singole appartenenze. Questo virus che colpisce alla cieca e non conosce non solo ruoli e ceti sociali, ma nemmeno barriere e confini di sorta, non solo di territori e nazioni, ma perfino di continenti, ci dice con la crudezza elementare della sua spietata impersonalità che siamo tutti legati, che siamo sulla stessa barca, per dirla con il vangelo e con il papa, e che nessuno può sottrarsi alla cooperazione necessaria, perché se uno va a fondo, andiamo a fondo tutti. Dobbiamo prendere coscienza che abbiamo una comunità di destino dalla quale nessuno può tirarsi indietro; perché è vero più che mai che nessuno si salva da solo. Noi credenti in Cristo ne abbiamo una coscienza singolarmente acuta e non vogliamo solo praticarla quella coscienza, ma condividerla e rafforzarla in noi e negli altri.
Una terza esigenza, su questa linea di comunità di destino, riguarda la necessità di superare barriere che finora abbiamo considerato non solo naturali ma insuperabili. Vorrei parlare a proposito
del digiuno. Per digiunare bisogna avere già mangiato, bisogna avere normalmente da mangiare. Avere già mangiato è condizione per potere digiunare (e si digiuna non per necessità ma per scelta e per volontà di penitenza), ed è condizione per potere pregare e per potere fare elemosina. Ci sono persone non in grado di vivere una vita dignitosa, e quindi nemmeno una vita cristiana con le sue esigenze, perché non hanno il necessario. Una dimensione necessaria della condizione battesimale e della conversione quaresimale è la fraternità, a cui ci richiama l’ultima enciclica del papa, Fratelli tutti. Non val la pena dilaniarci e contrapporci, o anche ignorare o guardare altri con indifferenza; abbiamo solo da perderci. Proviamo a imparare a rispettarci, ad apprezzarci, a lavorare insieme. Il cammino quaresimale può diventare un’ottima palestra per un tale apprendistato. Ce lo auguriamo a vicenda e insieme lo chiediamo al Signore.