“Quale altra prova potremmo chiedere per avere la garanzia della Sua presenza provvidente, sostegno e consolazione di questa nostra vita segnata da dure prove e da complesse difficoltà in tutti gli ambiti personali e sociali?”.
Davvero non serve altro per comprendere l’amore infinito di Dio per le sue creature, che nel Natale del Suo Figlio “il Verbo umanato”, si fa presente in mezzo agli uomini per prendersene cura.
La Lettera alle Comunità che Mons. Orazio Francesco Piazza, vescovo di Sessa Aurunca e Amministratore apostolico di Alife-Caiazzo, invia alle Comunità per questo Natale vuole essere un percorso a ritroso, un ritorno all’essenziale e un ritorno sull’Essenziale, un percorso interiore che districandosi tra i limiti e le difficoltà che hanno fortemente segnato questo tempo per la difficile pandemia da Covid19 e per le sue conseguenze sulla vita sociale, economica, religiosa delle comunità, riporti tutti alla consapevolezza che non c’è da salvare il Natale, come da più parti si è detto; non c’è da affannarsi, scrive il Vescovo, per salvarlo nella sua normalità, abitudinaria e consumistica…
Diversamente da quanto pensa l’uomo affannato e ossessionato dalla ricerca della felicità, “Il Suo Natale ci salverà”.
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“Quel Bambino, del tutto indifeso e dipendente, totalmente affidato, consegnato all’Altro per poter vivere e crescere, è il segno di grazia offerto a questo nostro difficile tempo come opportunità di vera Speranza. Facciamo condensare nel cuore l’immagine rassicurante del Bimbo tra le braccia della mamma che lo ha generato! Quella amorevole cura ne placa il pianto! È l’immagine che dona serenità ed equilibrio allo spirito, proprio ora che viviamo nelle ombre di una prova difficile e inattesa; esperienza che ha cancellato molte sicurezze, smascherato inutili pretese e molte supponenze; ha fatto emergere tutti i fallimenti del nostro tempo”.
In questa tensione che oscilla tra le poche certezze a cui si resta aggrappati e le speranze di un futuro migliore rispetto al tempo presente – spiega il Pastore – si avverte il bisogno di raccogliere tutte le energie per conquistare qualche solido punto di riferimento, ma al contempo “si fa strada una domanda: è solo la certezza della salute fisica che ci riguarda e ci interessa?”. Dove dirige i suoi passi il credente, dove cammina l’uomo, spesso procedendo a tentoni?
È a questo punto della sua lettera che Mons. Piazza ci riporta su ciò che conta: “L’esperienza del limite e della limitazione apre un sentiero che riserva la possibilità di respirare la fragranza di un’umanità semplice e sobria, pulita, senza contagi o inquinamenti: è l’umanità dello scoprirsi creature, come nel nostro bel dialetto vengono chiamati i bambini; è la vera presa di coscienza di cui abbiamo bisogno per trovare l’essenziale della vita”. Questo essere piccoli, bisognosi di cure, esposti al pericolo ma anche all’amore di Dio che è più forte, per il Pastore diventa richiamo al superamento della distanza tra Dio e l’uomo nell’immagine del Bambino nato-per-noi di cui parla il profeta Isaia.
“Nel ritrovare questa confortante consapevolezza, proprio ora che tutti vorrebbero salvare il consueto Natale, spensierato e consumistico, dobbiamo chiederci: queste dure prove che stiamo vivendo, le ansie, le paure, che stiamo affrontando, possono impedirci di essere in Lui e camminare insieme a Lui?”. Questa ricerca di serenità, questa riscoperta della sua grazia che si innesta nella vita di ognuno è da rintracciare anche nei volti di chi si fa compagno di strada ogni giorno, “ci sostiene tra fatiche e attese”; è lì che il Signore si rivela in tutta la sua umanità.
Un dono, al termine della sua Lettera, ci lascia il Pastore: è una filastrocca, quelle che recitano i bambini, “ ‘e criature” quelli che per la loro fragilità e spontaneità ricordano la creaturalità di ognuno, il nostro essere figli sempre bisognosi di un dono dal Padre… In questo impegno a tornare indietro, non nel tempo, ma a ritroso sull’anima, sta la salvezza del Natale per tutti noi che ci augura Mons. Orazio Francesco Piazza.